Lo sport e la disabilità

Lo sport per i disabili è una pratica relativamente recente. Il primo a capire l’importanza dell’attività sportiva per persone con disabilità motorie è stato Ludwig Guttman. Nel 1944, all’interno del centro di riabilitazione motoria di Stoke Mandeville, cominciò a organizzare allenamenti specifici per sollecitare la collaborazione attiva dei disabili. Altra data importante è il 1948, quando sono stati organizzati i primi giochi per atleti disabili a Stoke Mandeville. L’iniziativa ebbe un così grande successo che dal 1960 diventarono internazionali. Infatti, proprio in quell’anno si tenevano le Olimpiadi a Roma e così vennero organizzate anche le gare per persone con handicap, le prime Paralimpiadi. A oggi l’attività sportiva per disabili è molto diffusa. Sono molte le federazioni e le associazioni che organizzano gare e corsi per favorire l’integrazione umana e sportiva degli atleti con disabilità. Quando si affronta il tema della disabilità ci si imbatte subito nel campo dei diritti negati. Troppo spesso, infatti, queste persone con deficit cognitivi o motori si ritrovano escluse da spazi, attività, esperienze, relazioni.

Politiche sociali inadeguate, disinteresse, paura della diversità, menefreghismo diffuso sono le cause profonde di queste ingiustizie. La società odierna vive in bilico tra una sfrenata ricerca della perfezione, evidenziata dall’esaltazione mediatica di modelli orientati all’eccellenza dei risultati in ambito sia lavorativo che sportivo, e un’attenzione sempre più mirata nei confronti di quanti faticano a adattarsi ad un ambiente che non soddisfa le loro esigenze. Tra questi ultimi rientrano le persone con disabilità, cioè quei soggetti che, come specifica l‘Organizzazione delle Nazioni Unite, presentano “minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza per gli altri”.

Lo sport diviene così universalmente un’attività umana di valore strettamente connessa alla morale, un importante terreno in cui fare pratica della vita, in cui incontrarsi e scoprire l’altro, superare paure e pregiudizi, manifestarsi e realizzarsi nelle proprie potenzialità. Lo sport educa ai valori autentici della vita, allena ad affrontare le difficoltà e fornisce gli strumenti per poterle risolvere, insegna a rialzarsi e riprendere la corsa. L’errore non è inteso come episodio negativo da evitare ma anzi, come nuova spinta per un miglioramento: sbagliare è progredire, la vita, come la competizione, procede per problemi ed errori ed è solo attraverso questi che è possibile arrivare a migliorare sé stessi.

Educare allo sport è educare alla lealtà, al fair play, al rispetto dell’altro, del gruppo, dell’arbitro e delle sue decisioni, dell’allenatore e dell’avversario. Il soggetto apprende in quanto attivo e partecipe. In tal senso lo sport diviene anche palestra di cittadinanza, promuovendo valori democratici di vita comune. Lo sport risulta dunque importante strumento di integrazione ed inclusione di tutte le persone a rischio di emarginazione, tra cui le persone con disabilità, facendo loro conoscere il proprio corpo in tutte le potenzialità, ponendolo in un’ottica positiva da valorizzare e far esprimere e non come ostacolo e impedimento; in tal senso rivoluziona il loro punto di vista, fornendo speranza e nuovi obiettivi. Lo sport assegna a ciascuno un ruolo, un compito preciso in un contesto collettivo, riuscendo così ad abbattere i muri che si creano all’esterno, perché nello sport si è tutti uguali. La consapevolezza dell’elevato valore sociale positivo dello sport, cui la Pedagogia Sociale riserva un settore importante all’interno del suo ambito disciplinare di studio, mi ha spinto a condurre questa mia trattazione, analizzandone in particolare i benefici prodotti per le persone con disabilità. Il percorso che ha condotto il soggetto con disabilità ad accedere allo sport è strettamente connesso con il raggiungimento di una visione di “disabilità” come una fra le possibili caratteristiche dell’essere umano.

Si è cominciato a parlare di sport per persone con disabilità solo verso la prima metà del Novecento quando alcuni medici considerarono l’importanza che tale pratica poteva avere dal punto di vista riabilitativo e motivazionale per i soggetti in difficoltà. Lo sport, infatti, non solo permette di far raggiungere al soggetto un miglioramento dal punto di vista fisico ma contribuisce in modo significativo anche all’evoluzione in senso migliorativo di aspetti psichici e socio-relazionali.

Oggi, alla persona con disabilità, grazie all’introduzione di adattamenti specifici, è garantita la partecipazione all’educazione fisica nelle scuole e a molti tra i più comuni sport, secondo i criteri dichiarati dagli specialisti di attività fisica adattata. Raccontare storie di persone con disabilità che, nonostante le molte difficoltà, sono riuscite a praticare e conservare la passione per uno sport contribuisce in modo significativo alla conoscenza e valorizzazione di una dimensione, quella dello sport per disabili, non sempre trattata dai media.

L’attività sportiva non si ferma al livello di riabilitazione del disabile, compie un passo notevole in avanti: apre le porte a nuovi orizzonti, nuovi obiettivi e sogni.  Esistono molti altri ragazzi che hanno fatto della propria passione il punto di forza della propria vita. Il messaggio che vogliono dare è che un corpo per essere sano “non deve essere necessariamente normodotato“. Lo sport ha permesso ai disabili di sentirsi di nuovo vivi e inclusi in tutte le dinamiche della vita che fino a poco tempo fa li emarginava. 

Una nuova sensibilità collettiva, unitamente ad un maggior impegno e conoscenze da parte dei professionisti dello sport e dell‘educazione, permettono oggi nuove possibilità e nuove sfide per le persone con disabilità. Nuove motivazioni e nuove speranze incoraggiano sempre più questi soggetti ad esprimere le proprie potenzialità, affrontando situazioni al pari di tutte le altre persone e fornendo, allo stesso tempo, a tutti noi esempi di forza e coraggio dal valore incommensurabile, aiutandoci ad uscire dai nostri confini di ignoranza e paura.

Lo sport è portatore di valori universalmente riconosciuti e validi per tutti, indipendentemente se si tratti di una persona con disabilità o meno e permette di vedere il “diverso” in un’ottica positiva e funzionale, di fatto così facendosi non più solo strumento di integrazione ma riuscendo a superare questo concetto stesso: in tal senso, infatti, non ci sarebbe più bisogno di integrare, perché non ci sarebbe più alcuna emarginazione.